[alibandus]

giovedì, novembre 02, 2006

FUR di Steven Shainberg

La curiosità m'ha portato a trascurare altro per vedere che aveva combinato Shainberg, che con Secretary aveva seminato più che bene qualche anno fa. Si trovava come soggetto un bel personaggino come l'Arbus, mica ridere.
Ma c'è la Kidman. Che rimane una dea, ma è "Lakidman" prima di essere uno qualsiasi dei suoi personaggi, persino sotto il naso finto di Virginia Wolf c'era lei ed era bella, troppo. E qui ancora una volta con il respiro trattenuto, e gli occhi lucidi, e la disperazione sottopelle etc.
Per questo all'inizio mi godo soprattutto l'ambientazione newyorkese ricca fine '50, ma non molto altro mi viene dato dalla storia vera. E' un ritratto immaginario, c'è scritto anche nel sottotitolo, evabbè. Mi pare abbastanza evidente che un "diverso" come il vicino di casa ben difficilmente avrebbe potuto entrare in quel modo nella sua famiglia, in società, e comunque ci sto, mi sta bene.
Però, per la miseria, un po' di coraggio. Se questa bella signora mi subisce il fascino della deformità, non puoi farmi vedere nel campionario una donna senza braccia, due nani e un gigante. Non c'era un solo pazzo, un malato, l'unico cadavere già ricomposto e truccato, niente di sgradevole, tutto beneducato. Persino la bestia sotto il pelo era quel gran pezzo d'uomo di Robert Downey Jr, mica Lucio Dalla (©meraviglia) e la voce ovviamente non so come fosse in originale ma Luca Ward aveva girato al massimo la manopola strappamutande. Tutto troppo bello. E poco credibile, non abbastanza lontano dalla vita reale da prendere una piega onirica o comunque affascinante, né d'altra parte abbastanza grottesco da giustificare le due o tre scene ridicole, né serioso, cupo, nessun graffio né dolore reale, solo un gran bel contenitore di immagini dai colori strepitosi. E lakidman fuori parte completamente.

lunedì, ottobre 09, 2006

SCOOP di Woody Allen

Troppo facile recarsi in sala immaginando se non un gran film almeno di qualità simile all'ultimo bellissimo Allen pur sapendo che di altro genere si trattava. Mai avrei immaginato di trovarmi davanti a una sciocchezza del genere. Non riesco a trovarne un aspetto positivo se non un compiacimento puramente ormonale regalato dal sorriso del giovin signore, rivelatosi l'unico motivo che mi ha fatto resistere in sala per tutto il tempo.
Non riuscivo a credere alla pochezza dei dialoghi, alla totale mosceria delle battute, alla sciattezza generale, al ripetersi delle stesse scene (le visite ripetute alla stanza segreta oddio ora la/lo scoprono oddio) e a questa improbabile antipaticissima coppia di investigatori improvvisati, l'uno patetico vecchietto ulteriormente penalizzato dal doppiaggio, l'altra insopportabile biondina con talmente tante mossette e faccine imbronciate da far rivalutare l'Arcuri carabiniera, con un paio di Inutili Occhiali Da Studentessa per rivestirla di un'aria buffa che non ha e che vorrebbero rafforzare il muoversi goffo ma ne cancellano soltanto l'eventuale grazia.
Al terzo minuto capisci chi ci sarà alla fine in quella barca scura, e come si comporterà coi compagni di viaggio. Al quarto ti convinci che anche se la storia è stratelefonata ti puoi eventualmente godere l'evolversi degli eventi. Al decimo minuto non vedi l'ora che il film finisca.
Pessimo.

martedì, settembre 19, 2006

LOCARNO A MILANO

qualche film di Locarno infilato nella rassegna milanese dei film veneziani

Little Miss Sunshine - Jonathan Dayton (Usa)
Visto purtroppo già in versione doppiata, è un gioiellino ben scritto e interpretato, con momenti in cui si ride di gusto nonostante sullo schermo scorra l’orrore, brava e bellissima la piccola protagonista, con la faccia e il fisico di una bambina vera.

Le dernier des fous - Laurent Achad (Francia)
Le vicende di una famiglia devastata dalla sofferenza, viste dalla parte del figlio undicenne.
Dopo il 5° minuto di film capisci che andrà sempre peggio. Ma poi peggiora ancora. E ancora. Alla fine aspetti solo che piova. Invece va peggio.

Ça rend heureux - Joachim Lafosse (Belgio/Italia)
Un regista riporta sullo schermo la propria difficoltà a fare un film con prove conflitti considerazioni etc.
Era dai tempi di “le cinque variazioni” che non m’irritavo così tanto, decisamente i pipponi autoreferenziali di registi molto innamorati del proprio talento non fanno per me, in questo caso l’argomento in sostanza è un’elaborazione del lutto per aver fatto un flop commerciale nonostante le critiche del film precedente fossero buone, e per tutti gli 85 minuti non ho fatto che ripetermi mammé chemmefrega? Niente, appunto.

Half Nelson - Ryan Fleck (Usa)
Bella storia di amicizia tra un professore idealista e un’adolescente che vive in un ambiente difficile, per fortuna scantona risvolti ovvi e il tocco rimane lieve anche se la storia a volte non lo è (abuso di droghe, solitudine, inadeguatezza)

Agua - Veronica Chen (Argentina)
Un primatista del nuoto cerca di riconquistare il titolo perso per un cavillo ma che gli ha rovinato la vita, per farlo chiede aiuto a un altro nuotatore deluso. Quotidianità, dialoghi essenziali, molte parti sonore sono destinate al ritmo del proprio respiro mentre si nuota, così come la visuale soggettiva della riva del fiume/piscina, il montare della fatica e la paura di fallire. Personalmente ho apprezzato, ma per i non nuotatori credo sia stata una discreta palla.

Black Eyed Dog - Pierre Gang (Canada)
Giovane donna assai piacente brava e buona messa in mezzo a un ambiente in gran parte maschile non sempre gentile con lei, ha rinunciato ai suoi sogni canterini per una vita anonima al servizio di chiunque tranne che se stessa, mentre nel paesino dove vive salta fuori un serial killer e poi di seguito un giornalista fico e ovviamente c’è del sex e poi lo sceneggiatore si dimentica di lui e la storia prosegue con altre faccende sparpagliate e insomma neanche il serial killer c’entra poi tanto e poi c’è il cane cattivo che aveva morso la bella brava e buona ragazza quando era bambina e ora che è grande ma ancora traumatizzata fa la cameriera in un posto dove c’è anche un Mel greco che vorrebbe affidarle tutto e una Flo con la permanente a barboncino ma poi spunta la sorella deficiente che vuole regalare un trattore al tizio a cui fa il filo che si rivela non tanto etero e insomma non c’ha un soldo e allora frega i soldi alla brava e bella ma lei incolpa ingiustamente il fratellino del suo ex manesco che aveva cercato rifugio a casa sua ma nel frattempo il poliziotto un po’ sfigato da sempre cotto di lei...
Insomma un pasticcio senza capo né coda, vorrebbe essere un thriller ma è dispersivo e senza ritmo, sconclusionato, noioso nonostante superi di poco l’ora e mezza.

venerdì, settembre 15, 2006

63a MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA
Venezia 2006


Una veneta in trasferta a Milano per vedere i film di Venezia.
Quel che si dice un fatto bizzarro.
Niente a che vedere col clima, ma almeno non ho fatto code.

The hottest state - Ethan Hawke
Uno dei due titoli visti effettivamente al Lido, paga il fatto di avere protagonisti e regista in sala. Così come accade ogni volta gli applausi risultano esagerati. Non un brutto film, per carità, ma non m’ha scomposto d’un ricciolo la messa in piega. Hawke è meglio quando si fa dirigere, o quando scrive.
Molto bene la Linney, ma non è una novità.

Paprika - Kon Satoshi
L’altro film, stavolta animazione. Sullo schermo dormono, sognano e va a finire che me la dormo anch’io un pochino . Ma ciò che vedo mi piace moltissimo, sembra opera di un folle dalla fantasia illimitata, o uno che ci va giù pesante con sostanze di ottima qualità.

Infamous - Douglas McGrath
Non so cosa porti a disinteressarsi di una storia per tanto tempo e poi farne due film quasi in contemporanea (vedi Le Relazioni Pericolose), poiché il film che arriva per secondo è secondo e amen. Magari è anche più bello, ma paga il confronto. Non avendo visto “Capote” parto senza Philip Seymour Hoffman davanti agli occhi e mi godo un bravissimo Toby Jones, il film ha un inizio strepitoso (ho adorato la Paltrow, non è da me) e fila via liscio facendo sembrare la Bullock persino brava. Duro, coinvolgente, sentimentale.

The Queen - Stephen Frears
A proposito di Relazioni Pericolose. Ammiravo Frears, ma poi l’avevo perso per strada. Qui riappare bello in forma confezionando un film senza sbavature dove troneggia la Mirren.

Falling - Barbara Albert
Voglio dire, questa roba qui era in concorso. Momenti cult: il ballo delle tette e il tuffo nell’aria.

The Black Dhalia - Brian De Palma
Forse ero distratta da casimiei, ma non ho capito praticamente nulla della trama. Nel senso che fino a 10 minuti dalla fine credevo che la sosia fosse la bionda, e invece no. Boh. Però non ho mica voglia di rivederlo.

Le pressentiment - Jean-Pierre Daraussin
Normalmente le storie di ricchi intellettuali (magari francesi) che si rifugiano lì dove la periferia puzzicchia ma brulica di vita m’annoiano parecchio. Non in questo caso, anche se le comari del paesino che non brillano certo d’iniziativa erano disegnate in modo così grossolano da essere solo ridicole. Bella la faccia serena del protagonista quando ha a che fare con la ragazza.

Zwartboek - Paul Verhoeven
C’era materiale per almeno sette stagioni di fiction su Canale5

Come l’ombra - Marina Spada
Angoli per me anonimi di un’anonima città, vita anonima di giovane single senza entusiasmi. Poi arriva la speranza ingenua che può finire solo in un modo. Il viaggio è un grande passo, stavolta senza agenzia di mezzo.

Sur la trace d’Igor Rizzi - Noël Mitrani
C’era scritto come i Coen e Kaurismäki, avevo gran paura. Invece Mitrani per fortuna non copia nessuno e butta lì un film sottotono senza troppe parole e una storia singolare, proprio bella. Tra i migliori visti.

Daratt - Mahamat-Saleh Haroun
Dal bianco della neve canadese al bianco della polvere africana, film che credevo faticoso e invece no. Sulla vendetta e l’onore, una di quelle storie con la morale che immagini riempiano le sale di signore parlanti il mercoledì pomeriggio (non che questo ne sminuisca l’importanza, eh)

Fangzhu - Johnny To
Fichissimo

Nué Proprietè - Joaquim Lafosse
Gran bella regia, personaggi da prendere a schiaffi, coinvolgimento tendente allo zero.

Ostrov - Pavel Lounguine
Secondo cedimento, purtroppo ne ho dormito la metà. Ma non perché fosse noioso, anzi, era molto bello e assai curato nelle facce, nella luce e nei neri. Potendo ci riproverei per poter anche vedere quello che mi son fatta raccontare.

Nuovomondo - Emanuele Crialese
Per la miseria che film. Che roba. Perfetto dall’inizio, con quella salita tra i sassi a chiedere un segno, la preparazione al viaggio e tutto il resto, la desolazione di qualunque paese senza prospettive e per questo senza lu sule lu mare o tradizioni o macchiette che tanto infastidiscono in certo cinema vendibile all’estero, così che quando sbuca il tamburello è tristezza pura, niente a che fare con irlandesi festosi all’interno del Titanic tanto per fare un esempio, momenti teneri nell’ingenuità dei sogni, la partenza silenziosa come lacerazione, da gelo lungo la schiena, così come l’efficienza degli addetti al controllo a Ellis Island, e le delusioni davanti a un marito per procura più simile a un vecchio zio che al principe che si sperava di trovare nel campo dei miracoli.
Capolavoro.

martedì, agosto 22, 2006

L'ASSASSINO CIECO di Margaret Atwood ed.Tea

Forse era troppo tempo che non leggevo più un Romanzone Classico con protagonista una famiglia nell'arco di tutto il secolo passato.
Popolare, con uno sviluppo consueto ma costruito davvero bene.
I vari piani si accavallano in modo perfetto, un romanzo nel romanzo nel romanzo, un bel gioco di specchi, appassionante.
Avendo letto prima qualche critica, m'ero lasciata ingannare sul fatto che già da metà, a detta di qualcuno, si capisse dove stava il mistero. ed in effetti ne ero convinta, salvo trovarmi sorpresa nel finale, tanto da riconoscere alla protagonista e voce narrante quella simpatia che per quasi tutto il resto del racconto le avevo negato.
La Atwood si conferma un'ottima autrice, il prossimo potrebbe essere "L'altra Grace". Vediamo.

lunedì, giugno 12, 2006

SHOPGIRL di Anand Tucker (2005)

Succede d'entusiasmarsi per qualcosa che non t'aspettavi. Tipo Shopgirl.
Noleggiato pensando fosse una commedia senza pensieri magari un po' scema adattissima a una sera in cui tenere le funzioni vitali al minimo, si rivela invece una storia così malinconica da starci male.
Non è nient'altro che un triangolo amoroso ma sorprende con alcuni piccoli dettagli, come lo sguardo dolente a una madre seduta a tavola e una decisione presa d'impulso, o come il primo appuntamento col ragazzo buffo e irresistibile, o alcuni dialoghi dove il bisogno di protezione di un amante padre diventa così indispensabile per lei e così spaventoso per lui.
Bravissima Clare Danes. Il personaggio di Steve Martin, forse per l'assenza di motivazioni accettabili al suo distacco, fa più rabbia che compassione.
Poche pecche, solo una parentesi inutile e stupidina con la commessa zoccola protagonista di un grosso equivoco, e una certa verbosità data dalla voce off all'inizio e alla fine, sicuramente figlia della provenienza da libro ma in grande contrasto col resto del film in cui per fortuna è spiegato poco niente ed è quasi tutto affidato alle immagini.

martedì, aprile 18, 2006

Importante, da sottoscrivere

Un appello per il Cinema Verdi